Alcune migliaia di persone hanno manifestato sabato 17 febbraio a Roma per la liberazione di Ocalan e di tutte le prigioniere ed i prigionieri politici ed in particolare contro lo stato turco che da circa trenta giorni sta attaccando il cantone di Afrin in Rojava. È noto il sostegno di Erdogan allo stato islamico ed il petrolio che questi hanno venduto allo stato turco e passato poi per le mani di imprenditori italiani. Con l’accordo JETCO,Joint Economic and Trade Commission,sono infatti circa 560 le aziende italiane che stanno stringendo affari in Turchia tra queste, Eni, Enel, Fca, Leonardo, Astaldi, Trevi, Fs, Nuovo Pignone, Pirelli, Barilla, Ferrero, Indesit, Turboden, Benetton, Chicco e Zegna. Non dimentichiamo gli accordi tra Unione Europea e Turchia per i migranti,gli hot spot, ed i programmi di espansione dello stato turco supportato dall’alleanza saudita, approvati dagli USA, dalla Russia e dai paesi dell’Unione Europea che stanno inviando armi, anche italiane, con la quale stanno bombardano Afrin. Non abbiamo dimenticato le prigioniere ed i prigionieri politici che sono detenuti e torturati nelle carceri turche, le migliaia di donne e uomini, lavoratori e lavoratrici,studenti,artisti,giornalisti,avvocati e tutti coloro che hanno alzato la testa al regime di Erdogan e dell’AKP e non abbiamo dimenticato Abdullah Ocalan, isolato nel carcere turco di Imrali da 19 anni, per aver sostenuto la resistenza e l’autodifesa del popolo curdo dall’oppressione dello stato/nazione, dal capitalismo e dal patriarcato.
Le solidali e i solidali al popolo curdo e a tutti popoli che vivono in quelle terre sono giunti a Roma sabato scorso da ogni parte d’Italia per manifestare, autorganizzando i trasporti e numerose sono state le adesioni arrivate dalle associazioni ed i centri sociali, dei comitati locali e delle donne, delle organizzazioni politiche e dei sindacati di base. Contemporaneamente diecimila persone hanno manifestato a Strasburgo. Un corteo composto da 200 internazionalisti,provenienti da 17 paesi,era partito da Lussemburgo l’8 febbraio scorso raggiungendo a piedi,percorrendo centinaia di chilometri,dopo 10 giorni,la città di Strasburgo ed altre manifestazioni ci sono state nello stesso giorno a Marsiglia e Ginevra.
La lotta per difendere Afrin è la stessa lotta che porta in piazza coloro che in tutto il mondo vogliono autodeterminarsi ed è la stessa lotta che sta costruendo, passo dopo passo, la rivoluzione in Rojava che è anche la rivoluzione delle donne.
È la lotta, casa per casa, che libererà uomini e donne ed ogni bomba sganciata su Afrin è un proiettile sparato dallo stato turco contro la libertà dei popoli per accrescere unicamente la strategia di nazionalismo ed interessi commerciali basati sulla falsità.
L’incaricata per il Gruppo Anarchico C.Cafiero-FAIRoma